YOGA, UN VIAGGIO PREZIOSO ALLA SCOPERTA DI SÉ

La pratica dello yoga è un viaggio intenso che rispecchia il gioco della vita. In questo viaggio il respiro guida i nostri passi, il sorriso espande l’orizzonte e la presenza illumina la strada. Lo yoga ci ricorda chi siamo, ci insegna ad incarnarci consapevolmente nel corpo, a riscoprirci attraverso il respiro per riconoscerci, infine, nello spazio vibrante che ci riempie e ci compenetra.

Sebbene nel contesto odierno lo yoga abbia riconfigurato radicalmente la propria natura, quello che sa offrire resta pienamente attuale: la possibilità di incamminarsi verso sé stessi.
Questo viaggio è un cammino che richiede dedizione e passione, che ci invita a destrutturare prima ancora di ricostruire, che ci chiede di avere coraggio e allo stesso tempo grande cura, di essere leggeri ma profondi.
Attraverso la pratica il corpo viene riscoperto divenendo ksetra, termine sanscrito che definisce lo spazio sacro, che si schiude come un mandala, mappa in chiave microcosmica di un macrocosmo a cui siamo collegati. Praticando lo yoga l’intero organismo può ritrovare il proprio naturale equilibrio da un punto di vista strutturale, funzionale, energetico, emozionale e mentale, recuperando un rapporto armonico con noi stessi e con il mondo che ci circonda.
Riscoprendo la piacevolezza di un corpo sano, la meraviglia di un respiro consapevole e profondo, la quiete di una mente placata e rischiarata, la vibrante gioia del sentirsi più vivi, lo yoga-ksema, l’armonioso adeguamento di cui si legge nei Veda, si fa esperienza incarnata.
Lo Yoga diviene così il tramite che collega conoscenza e azione, cielo e terra, spirito e materia, uomo e mondo; ciò che veniva aggiogato -dalla radice sanscrita yug- viene ora connesso per creare una nuova struttura armonica in cui l’individuo, integro e centrato, riscopre la sua ricchezza e le sue potenzialità.

“Praticato pazientemente, con ardore come se fosse l’ultima volta, con meraviglia come se fosse la prima volta, senza memoria  speranza: in questa presenza libera da accumulo e da realizzazione giace il segreto dello yoga”. Eric Baret

Respira, il respiro è il grande, vero maestro, la guida preziosa nel viaggio che il praticante di yoga intraprende.

RESPIRA

Il respiro è il grande, vero maestro, la guida preziosa nel viaggio che il praticante di yoga intraprende. È come un filo che ci permette di restare collegati al momento presente; imparare a essere presenti ad ogni respiro che passa è imparare ad essere presenti alla vita stessa, è smettere di guardarla passare o di anticiparla frettolosi, è decidere di assaporarla davvero.

Quando nello Yoga si parla di respiro si intende qualcosa che va ben oltre il processo biochimico dell’atto respiratorio: il respiro per lo yogin è il veicolo privilegiato del Prana, ovvero dell’energia che ci compenetra e ci sostiene e che possiamo tradurre con soffio vitale. Non solo, il Prana è inteso e sperimentato come manifestazione tangibile del Sé superiore, in sanscrito Atman. entrare in contatto con il respiro ci permette quindi di entrare in contatto con la nostra dimensione più profonda, luminosa e sottile.
In sanscrito i termini prana -soffio vitale- e atman -sé- hanno la stessa radice etimologica; questo ci suggerisce la loro matrice comune, l’intima relazione che li collega.
Nella pratica yoga, al principio incontriamo il respiro in maniera delicata e umile, poi impariamo a conoscerlo, e così facendo, lentamente, riscopriamo chi siamo, la modalità con cui approcciamo l’esistenza e lo spazio che le riconosciamo.
Solo allora sarà possibile collaborare con il respiro accogliendolo consapevolmente dentro di noi. Accompagnare il respiro in ogni angolo del corpo vuol dire rischiarare ed energizzare quello spazio che prima era denso e buio, riportarlo alla coscienza ed integrarlo fino a riscoprire la dimensione originaria di ampiezza ed espansione a cui apparteniamo.
Nella pratica, il respiro sostiene il corpo, gli insegna la stabilità e la forza, la pazienza e la tenuta, ci insegna a stare quando è il momento di restare.
Nella pratica, il respiro libera il corpo, gli insegna la fluidità e la leggerezza, l’accoglienza e la morbidezza, insegna ad arrendersi quando è il momento di lasciare andare.
Nella pratica, il respiro apre nuovi spazi di consapevolezza, guida verso nuovi orizzonti e conduce verso nuovi livelli di presenza.
Il respiro si riscopre e si onora nella pratica, si accoglie e si celebra nella vita.

“Il respiro è il ritmo della nostra presenza” Hafiz

Sorridi, Il sorriso illumina il viaggio ed espande le prospettive.

SORRIDI

Il sorriso disegna sul volto un’apertura preziosa che accoglie, invita nell’anima la capacità di meravigliarsi, la disponibilità allo stupore.
Il sorriso illumina il viaggio, alleggerisce i passi, espande le prospettive.

Troppo spesso, coloro che si mettono in cammino alla scoperta di sé finiscono per dimenticare la leggerezza di quel sorriso che è disponibilità ad accogliere, oppressi dal peso di sterili dogmi e credo assoluti.
L’invito, che la pratica ci offre e che non dovremmo dimenticare mai, è di non perdere la capacità di meravigliarci, di lasciarci stupire, di aprirci alla vita in tutta la sua vastità, riscoprendo così la dimensione magica dell’esistenza.
Perché, se da un lato lo yoga ci insegna l’importanza della pazienza, della continuità e della costanza nel nostro percorso di integrazione, dall’altra ci ricorda di coltivare una gioia delicata ovunque, soprattutto nei piccoli gesti quotidiani: questo restituisce sapore e bellezza alla vita di tutti i giorni.
Tutta la vita, allora, diviene il nostro terreno di pratica.
La mente-cuore ha bisogno di appassionarsi per trovare il suo centro senza sottrarsi alla vita; deve essere focalizzata e leggera, presente e delicata, gentilmente stabile, immersa in un’intensa quiete.
C’è una dimensione sacra della gioia che sembra essersi persa nel tempo: quella in cui, nella rinnovata connessione individuale-universale, questo sentimento viene avvertito integralmente da tutte le dimensioni dell’essere e investe tutti gli aspetti della vita.
E tutto sboccia, vikasa come si potrebbe dire in sanscrito, come sboccia il fiore quando è pronto per mostrarsi al mondo, come fiorisce il sorriso sul volto, come si allargano gli occhi quando ci si meraviglia e le braccia quando si abbraccia, come ci si espande quando ci assumiamo il rischio di vivere con pienezza.

“La gioia non è un risultato, un fatto, una cosa, un luogo. La gioia crea spazio, scioglie, 
fa il vuoto. Per conservare la gioia non serve un barattolo, ma un patto,
devi decidere che la gioia è la strada della tua vita. Dunque non cercare la gioia successiva, sappi che te ne basta una, una qualsiasi. Ecco, tienila, considera che è la tua casa.” Franco Arminio

Sii presente, Per imparare a dimorare nello spazio della presenza ci vuole coraggio, ci vuole saggezza, ci vuole cura.

SII PRESENTE

Il momento presente è il più prezioso per colui che si mette in viaggio alla ricerca di sé, perché è in esso che si definisce il suo cammino, libero dalle zavorre del passato e aperto ai segnali del futuro.
Per imparare a dimorare nello spazio della presenza ci vuole coraggio, ci vuole saggezza, ci vuole cura.

Iniziamo sul tappetino ad imparare ad apprezzare la calma forte del centro a cui torniamo con amorevolezza ogni volta che ci perdiamo, a riconoscere il sapore di un’attenzione pienamente assaporata e a coltivare l’oramai tanto famosa ma così poco conosciuta presenza.
Imparare a essere presenti è un esercizio costante che ognuno sperimenta con i suoi tempi e le sue modalità, ma per tutti coloro che se lo concedono è un ritorno a sé, un incontrarsi di nuovo, o meglio, davvero.
Piano piano scopriamo che questa forma di attenzione, divenuta attitudine interna, può uscire dallo spazio del tappetino e dal tempo della pratica e illuminare ogni momento, ogni gesto: in ogni piccola goccia di quotidiano si può davvero avere un rapporto più intimo, profondo, gratificante e intenso con quello che c’è, né prima né dopo, né meglio né peggio; esattamente lì, esattamente com’è.
La pratica ci fornisce gli strumenti per imparare ad accogliere la realtà per come si offre a noi senza ingombrarla, tradurla o teorizzarla.  Ci insegna a stare, intensamente.
In questo essere presenti “ci siamo di più”, siamo più vivi, più vividi.
Scopriamo uno sfondo costante, quieto ma intenso: nella vera presenza non siamo più soli, tutto ci riguarda.
Una pratica svolta con costanza e consistenza ci permette di sviluppare l’attenzione e la sensibilità che ci aiutano a vivere davvero la vita, comprendendo il suo valore, accogliendo il suo mistero e la sua sacralità, assaporandone l’esplicito così come l’implicito.
Soprattutto, la pratica ci insegna la strada per tornare a dimorare più stabilmente in quello che viene chiamato centro, orizzonte o sottofondo: uno spazio intimo e personale che però è ovunque e sempre presente, un luogo-non-luogo privo di attaccamento e giudizio dove sentirsi sempre a casa, indipendentemente da ciò che ci circonda o ci definisce.
Di nuovo al centro del nostro tempo e del nostro spazio.

“Ho realizzato che l’assoluto non ha bisogno della mia teoria del mondo. Così non oscuro più la realtà”. Sahajandandabhairava